L’intolleranza al lattosio è una condizione in cui l’organismo non riesce a digerire completamente lo zucchero presente nel latte e nei suoi derivati (yogurt, formaggi, burro, panna, gelati, budini, creme, dolci).
Non si tratta di un disturbo pericoloso, ma è associato a sintomi fastidiosi che possono essere evitati solo limitando il lattosio introdotto con l’alimentazione.
In che cosa consiste questa intolleranza? Si può guarire? Quali alimenti si devono evitare?
L’intolleranza al lattosio dipende dal deficit di lattasi, un enzima prodotto dalle cellule dell’intestino tenue che si occupa di scindere il lattosio in glucosio e galattosio permettendone l’assorbimento. La carenza di lattasi fa sì che il lattosio arrivi indigerito nel colon, dove i batteri dell’intestino possono produrre fermentazione e dare luogo ai problemi intestinali tipici dell’intolleranza.
L’intolleranza al lattosio può essere una normale conseguenza della crescita. Infatti durante l’infanzia i livelli di lattasi diminuiscono naturalmente. In questo caso si parla di intolleranza primaria al lattosio. Esiste poi un’intolleranza secondaria che è causata dalla riduzione della lattasi dopo una malattia (come la celiachia, una gastroenterite o una malattia infiammatoria), un intervento o un trauma intestinale. Esiste infine un’intolleranza congenita al lattosio: in questo caso è una mutazione a causare l’assenza totale di lattasi.
I sintomi compaiono a breve distanza dall’assunzione di alimenti contenenti lattosio e includono diarrea, crampi addominali, gonfiore, meteorismo o più semplicemente mal digestione, reflusso, senso di “peso allo stomaco” o di sazietà a lungo termine. La gravità dei sintomi varia in base al quantitativo assunto.
L’unico rimedio a questa intolleranza consiste innanzitutto nell’esclusione del latte tal quale. Il lattosio rappresenta il 98% degli zuccheri presenti nel latte. Grazie ai processi di fermentazione e di stagionatura, la quantità di lattosio diminuisce nello yogurt (3%) e nei formaggi freschi (es: ricotta 4%, fiocchi di latte 3%, mozzarella 1%), fino ad azzerarsi nei formaggi più stagionati a pasta dura.
In presenza di una intolleranza secondaria al lattosio occorre provvedere ad una graduale reintroduzione del lattosio, iniziando con l’assunzione di latte e latticini in piccole quantità, per poi aumentarle progressivamente in modo da stimolare la produzione di lattasi.
In caso di intolleranza permanente, in commercio si trova il latte delattosato in cui il lattosio si trova già scisso in glucosio e galattosio. In alternativa, si può optare per il latte vegetale (soia, riso, kamut, avena o di altri cereali), facendo attenzione all’eventuale aggiunta in queste bevande di zucchero o altri dolcificanti (usati per migliorare le proprietà organolettiche del prodotto). Lo yogurt, grazie alla fermentazione del lattosio operata dai fermenti, è generalmente ben tollerato, così come molti alimenti probiotici (yogurt”speciali” o particolari fermenti lattici liofilizzati). Ben tollerati sono anche i formaggi, specialmente quelli più stagionati, a pasta dura.
Chiaramente la tolleranza è strettamente individuale che deve essere valutata con attenzione, in relazione alle proprie abitudini alimentari e al proprio stile di vita. Conoscere bene il proprio corpo è senz’altro la prima strategia vincente per regolarsi a tavola e garantirsi salute e benessere.