
Quando queste condizioni iniziano a verificarsi regolarmente si inizia a sospettare la presenza di qualche intolleranza alimentare.
Ma di che cosa si tratta realmente?
Fino a qualche anno fa erano considerati dei malati immaginari, perché lamentavano sintomi a cui nessuno specialista era in grado di fornire una spiegazione, poiché dagli esami e dagli approfondimenti clinici non risultava alcuna alterazione degna di nota. Tuttavia, con il passare del tempo, l’attenzione nei confronti di chi soffre di “gluten sensitivity” (sensibilità al glutine non celiaca) è cresciuta.
I sintomi sopra descritti (gastrointestinali e non) si verificano in genere dopo l’assunzione di alimenti farinacei (a base di frumento, orzo, segale, malto), anche se non risulta il quadro tipico della celiachia, né di un’allergia. Resta il fatto che la mucosa intestinale si indebolisce, dando luogo ad un’eccessiva permeabilità intestinale, che scatena una risposta immunitaria acuta.
La ricerca è stata condotta confrontando alcuni parametri ematici da pazienti celiaci, da altri che lamentavano sintomi simili ma senza mostrare i segni della malattia e persone sane. È emerso che le persone che avevano una condizione riconducibile alla “gluten sensitivity” presentavano valori dei marcatori di danno alle cellule intestinali ben più elevati rispetto a quelli misurati nei celiaci.
Da qui nasce l’ipotesi che una simile risposta immunitaria nelle persone (probabilmente) sensibili al glutine sarebbe la conseguenza di una mucosa intestinale meno selettiva rispetto alla norma, che assicurerebbe una maggiore permeabilità tanto ai nutrienti quanto ai batteri: da qui l’aumento della risposta immunitaria.
La terapia
Mentre nella celiachia l’esclusione totale del glutine dev’essere rigorosamente protratta per tutta la vita, in caso di “gluten sensistivity” sembra che una dieta di 6 mesi priva dei cereali «sospetti» permetta di normalizzare i livelli della risposta immunitaria, così come i sintomi.
Resta però ancora da capire se a scatenare la risposta sia il glutine o altre piccole molecole di zucchero con analogo effetto irritante sulla mucosa intestinale, ma presenti in molti altri alimenti (legumi, verdure a foglia larga, lattee prodotti caseari, funghi, peperoni).
La diagnosi
Poiché non esistono marcatori specifici, la diagnosi di sensibilità al glutine non celiaca avviene per esclusione. I pazienti che, pur presentando sintomi simili a quelli della celiachia e indotti dal glutine, non risultino, dopo esami ematici e biopsie endoscopiche, né celiaci né allergici al grano, sono classificati come sensibili al glutine. Sono quindi i sintomi, peraltro spesso analoghi a quelli di chi risulta affetto dalla sindrome del colon irritabile, a guidare la diagnosi.
La “gluten sensitivity” rimane ancora un’entità da definire. Ma la ricerca, adesso, sembra guardare nella giusta direzione. Per la risposta definitiva i tempi potrebbero essere brevi.